QUANDO LO STALKER E’ DONNA
“L’inizio di un amore è spesso simultaneo. Non così la fine, da ciò nascono le tragedie.” A. Morandotti
Un gesto d’amore può diventare persecuzione, una relazione essere un’ossessione.
Come può un amore diventare ossessione?
Non è facile dire addio ad una relazione, anche se è un amore finito, anche se è un rapporto deleterio, malato, fatto di umiliazioni o anche di violenze. La paura di perdere la persona al proprio fianco, la paura di restare soli, di non essere capaci di vivere senza il partner, fa sì che si giustifichi tutto, si accetti tutto purché la persona con cui si ha una relazione rimanga al proprio fianco. Una vera dipendenza affettiva che, si manifesta con pensieri ossessivi rivolti alla persona amata, la relazione con il partner viene vissuta con profonda ansia e continua preoccupazione di perderlo. Quando avviene la rottura, la separazione, si innesca una vera e propria ossessione, la persona non riesce ad accettare che ciò possa avvenire, vive ripercorrendo i ricordi che lo legano al partner, vive nell’illusione della riconquista o con il desiderio dell’annientamento dell’altro, come se quest’ultimo dovesse “pagare” il dolore inflitto. Un disperato tentativo di imporre una relazione al ex partner tramite: invio di lettere, regali, telefonate, mail, con una costante violazione dell’intimità dell’altro. Dietro a questi comportamenti del tutto innocui, si potrebbe nascondere una violenza psicologica. La persecuzione reiterata e i comportamenti correlati definiscono una persona “stalker”, tale termine Stalking rimanda al termine anglosassone “fare la posta” o “braccare”, si caratterizza per la presenza di telefonate ricorrenti, minacce, svalutazione, ricatto, provocazione, offesa, isolamento e persecuzione. Lo stalking è un fenomeno traversale, lo stalker non ha un prototipo predefinito ma, può essere di vario genere (maschile-femminile), di qualsiasi etnia, cultura, età e posizione socio-culturale. Si è soliti prefigurarci la figura dello stalker con un prototipo maschile e molte sono i riscontri dei media che, costantemente mettono in evidenza denunce fatte da donne perchè perseguitate da stalker uomini. Si parla poco di stalker femminile ma è un fenomeno altrettanto diffuso, quanto quella maschile. Le leggi sono state improntate per lo più sulla tutela della donna e la vittima viene sempre identificata con la figura femminile. La donna, nell’immaginario comune è colei che fornisce accudimento, cura e protezione ed è difficile associarle un ruolo violento o persecutorio. La realtà però ci mostra come la donna non è esente da questi comportamenti, lo scopo principale è la riconquista dell’uomo amato per l’incapacità di restare sola, accompagnato da un senso di abbandono e di rifiuto. Lo stalking femminile non diventa mai, (o quasi mai), una vera violenza fisica, come potrebbe accadere nello stalking maschile (chiamato stalking diretto) ma, si ritiene che, le donne siano più capaci, attraverso meccanismi subdoli a rendere la vita dell’uomo impossibile, senza arrivare mai ad una violenza fisica (stalkingindiretto). La stalker agisce “a distanza”, diffamando l’uomo, creando situazioni di disagio giornaliere o sul luogo di lavoro, facendo telefonate inopportune e continue anche ad orari poco consoni (di notte o sul posto di lavoro). Dietro alla parola Stalking, dietro agli atti persecutori e alle diffamazioni si nasconde una grande sofferenza, si nasconde una persona con una propria storia, una propria emotività. L’agire un vissuto doloroso è come cercare di cauterizzare una ferita dolorosa che, non si sa come sanare. Vittima e carnefice accumunati entrambi da un medesimo vissuto di dolore, entrambi bisognosi di aiuto. È possibile uscire dalla relazione dolorosa, è possibile imparare a stare bene con se stessi, è possibile non avere bisogno dell’altro.
Dott.ssa Desiré Roberto
Bibliografia
W.R.Cupach, B.H. Spitzberg. 2011. Attrazione, ossessione e stalking. Casa Editrice Estrolabio. Roma.
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